Breve storia del disco nella sua pratica concettuale v 1.1
Breve storia del disco nella sua pratica concettuale (versione 1.1)
fonte: http://www.timet.org/articles/uso%20concettuale%20disco.pdf
1877 – Thomas Edison inventa il fonografo; il principio della registrazione su cilindro permetterà l’avvio dell’arte fonografica come arte della registrazione del suono su supporto permanente;
1897 – Emile Berliner sviluppa il grammofono e la registrazione su disco piatto che permetterà una facile duplicazione della registrazione;
1903 – l’industriale statunitense del cioccolato Stollwerk inventa un giocattolo per bambini che riproduce musica incisa su solchi di cioccolata;
1918 – inizia a svilupparsi il giradischi elettrico;
1920 – è messo in commercio il primo disco flessibile in carbonio;
1922 – il compositore francese Darius Milhaud (1892-1974) inizia a sperimentare la variazione di pitch applicata a voci registrate su disco;
1923 – l’artista ungherese Lazlo Moholy-Nagy (1895-1946) riconosce lo sforzo senza precedenti dei rumoristi italiani nell’espansione della nostra percezione del suono. Moholy-Nagy espande i risultati delle loro intuizioni reinventando la funzione del disco. In un articolo su “Der sorm #7”, Moholy-Nagy sottolinea i fondamenti dei propri esperimenti: “Ho suggerito di trasformare il grammofono da strumento di riproduzione a strumento di produzione, così che su un disco sul quale non vi sia informazione acustica, possa esservene incisa”. Da “Informazioni su come manipolare i dischi e su come educare la gente a diventare da ricevitori a creatori”. Il lavoro di Lazlo Moholy-Nagy è importante sotto due punti di vista: per il suo contributo all’estetica del suono e per le relazioni che individua tra artista sonoro, performance, mezzo di registrazione e ascoltatore. Bypasserà i modi tradizionali di dare e far circolare concerti, dando concerti alla scuola del Bauhaus, utilizzando la tecnica di manipolazione dei dischi. Apre la strada a tuttaquella vasta area che verrà poi chiamata “concettuale” o “metamusicale”;
1930 – il compositore tedesco Paul Hindemith (1895-1963) e il compositore austriaco Ernst Toch (1887-1964) riciclano dischi per creare montaggi sonori; il lavoro di Hindemith è purtroppo andato perduto;
1931 – il direttore d’orchestra inglese Leopold Stokowski (1882-1977) porta ad una riduzione dello standard di velocità dei dischi, da 78 a 33 1/3rpm; è stato un pioniere nell’arte della registrazione con i suoi coraggiosissimi bilanciamenti delle sezioni orchestrali;
1934 – Theodore Adorno pubblica il suo saggio “La forma del disco”, all’interno della rivista 23. Nello stesso anno nel film l’Atalante di Jean Vigo un attore è visto suonare un disco con un’unghia;
1936 – il compositore francese Edgar Varese (1883-1965) compie esperimenti con dischi, suonandoli al contrario e variando la loro velocità;
1939 – John Cage (1912-1992) compone “Imaginary landscape #1”, per dischi manipolati, dischi di test frequenziale, piano e cembali;
1948 – il vinile rimpiazza il carbonio come materiale base per la fabbricazione dei dischi;
1952 – John Cage compone “Imaginary landscape #5”, per 42 giradischi missati casualmente;
1958 – primi esperimenti del danese Arthur Kopke, artista poi vicino al movimento Fluxus;
1963 – l’artista ungherese appartenente alla scena Fluxus Milan Knizak: “…nel 1963-64 ero solito suonare dischi sia lentamente che molto velocemente, questo cambiava la qualità della musica, creando nuove composizioni. Nel 1965 ho iniziato a distruggere dischi: li grattavo, vi facevo dei fori, li rompevo; ne emergeva una musica aggressiva, innervosente. Le composizioni potevano durare un secondo come all’infinito (come quando la puntina andava in loop su un difetto del disco…). Ho iniziato a dipingere i dischi a bruciarli, a tagliarli e ad incollare parti provenienti da dischi diversi. Il punto d’incollatura poteva rivelarsi una presenza ritmica, in contrasto con stati melodici… Una musica che non potrebbe essere trascritta, ma che era partitura in sé stessa, in quanto materiale capace di tramandare memoria… “ (tratto da “The broken music”);
1964 – un altro artista del movimento Fluxus, Robert Watts (1923-1988), racconta: “..ho realizzato una serie di dischi verniciati con lo spray per una performance Fluxus al Fluxstone di Canal Street. Venivano suonati dal pubblico, fino al momento in cui la musica non riemergeva… “ (tratto da “Extended play”);
1966 – l’americano Ken Friedman (1939), ancora Fluxus, realizza un disco completamente silenzioso;
1967 – James Brown introduce il primo break (assolo) di batteria in “Cold sweat” e riduce l’armonia della canzone ad un unico accordo. “Cold sweat” è la prima canzone funk della storia.
1968 – Tim Ulrichs realizza 13 dischi di carta vetrata a diversi gradi di ruvidità. Sono etichettati come “mono sandpaper records”.
1969 – John Cage compone “33 1/3”, un concerto per 12 suonatori di giradischi;
1970 – Thomas Schmit realizza un disco in legno, lo stesso anno Robert Watts racconta di aver realizzato dischi in diversi materiali, dalla creta al legno al metallo e vari tipi di plastiche. La maggior parte fu realizzata alla Rutgers University. I solchi venivano variati in profondità e in larghezza. Watts era interessato ai suoni ottenuti con i diversi materiali;
1972 – Arthur Kopke compone “Music while you work, piece #1”. 150 copie di un disco fatto di scotch e incollature, capace di generare rumori e musiche frammentate;
1972 – l’artista Braco Dmitrejevic (Bosnia, 1948) compone un disco di cartone con l’incisione eseguita da una biro. Viene esposto in una galleria;
1977 – Boyd Rice (NON) personaggio chiave del giro industrial noise di San Francisco (vedi RE/Search # 6/7: industrial culture handbook — http://www.researchpubs.com/books/ichprod.php), inizia esperimenti che porteranno alla produzione di dischi con solchi ad anello chiuso (loop) e fori decentrati. La condizione suggerita da Rice è quella di avere almeno tre dischi paralleli, ad alto volume; ha inciso a lungo per la MUTE Records;
1972 – il giamaicano Kool DJ Herc introduce il “Merry-go-round” (la giostra) nei suoi dj set, innovazione che lo porterà all’invenzione del breakbeat (una ripetizione o loop di un breve assolo di batteria). Successivamente porterà nel Bronx il suo soundsystem (the Herculords, un enorme impianto di riproduzione audio), per suonare all’aperto la sua collezione di dischi funk e rock (“Give it up or turnit a loose” di James Brown, “The mexican” di Babe Ruth, “Bongo Rock” e “Apache” di The Incredible Bongo Band, “It’s just begun” di Jimmy Castor, “Melting Pot” di Booker T and the MG’s ed altri classici breaks). Non suonerà i dischi per intero, ma sceglierà di riprodurre soltanto le parti degli assoli di batteria e percussioni in genere (breaks), e di ripeterli all’infinito usando due copie identiche di un lp. Così, con l’aiuto di tecniche poi diventate all’ordine del giorno come il “backspinning” (tornare indietro nei solchi del vinile fino al punto desiderato) o il “needle dropping” (abbassare la puntina in un punto specifico del disco, non all’inizio) dà il via di fatto al movimento Hip Hop, e l’arte di suonare i dischi –turntablism- avrà da allora grande divulgazione: i giradischi (turntables) diventano uno strumento vero e proprio; da artista concettuale, il deejay prende la strada che lo porterà a diventare musicista.
1978 – Grand Wizzard Theodore inventa la tecnica dello “scratching” manipolando il vinile, e mandando avanti e indietro un particolare effetto o una parte di un disco.
1983 – Grandmixer DST (ora conosciuto come DXT) è di fatto il primo turntablist: nel brano “Rockit” contenuto nell’album “Future Shock” di Herbie Hancock usa i giradischi come uno strumento, interagendo con la band. Nei primi anni ottanta Grandmaster Flash perfeziona il mixer e inventa un dispositivo che gli consente di preascoltare un brano di un disco nelle cuffie in modo da poter suonare due dischi a tempo. Un altro grande nome della Old Skool Hip Hop è Afrika Bambaataa, il cui stile ha influenzato largamente la prima generazione di turntablist. Già dalla fine degli anni settanta, cominciano poi le gare ufficiali di deejaying,dove i deejay si sfidano a duello su pratiche precedentemente schematizzate (routines). Tutto ciò rappresenta un modo per ufficializzare, migliorare e proteggere la nuova categoria. “The New Music Seminar in New York”, “The Vestax Championships”, e il “DMC” (worldwide Disco Mix Club championships) sono alcune delle organizzazioni più importanti e longeve per le deejay battles.
1982 – l’artista polacco Piotr Nathan (1956) incolla cavi sottili sulla superficie del disco per alterare il suono di superficie. Il risultato viene registrato e stampato su un disco in vinile. Lo stesso anno uno dei membri della rock band Wishbone Ash, attivo negli anni ’70, Martin Turner, fa costruire un disco di plexiglass con solchi specificamente incisi. Costellazioni di stelle di particolari date di nascita diventano eventi acustici. Ogni persona ha così la propria sequenza sonora;
1983 – R.P.T. Hayman concepisce un disco infinito che è leggibile solo da un particolare set di strumenti digitali. Il disco è comunque leggibile una volta stampato;
1985 – L’artista e deejay svizzero residente a New York Christian Marclay realizza il suo “Record Without a Cover”, vinile 12 pollici che non è dotato di nessuna protezione esterna. Il disco contiene alcuni dei suoni feticcio della cultura del vinile (il solco vuoto, la puntina che si abbassa, fruscii); i suoni che si stratificheranno sul supporto ne costituiranno storia ed arte.
1988 – Gli svizzeri Peter Fischli (1952) e David Weiss (1946) creano un disco di un particolare tipo di plastica. Suonabile con qualche rischio in un giradischi, il suond è lo-fi disco music. Nello stesso anno Christian Marclay distribuisce e confeziona dischi pestati in una galleria. L’opera ha il titolo “Footsteps”. la band inglese Coil realizza un disco con un lato vuoto. Ron Lessard produce dischi “concettuali”, il primo dei quali è di Andrew Smith, uno studente d’arte di Boston. Il suo lavoro poi distribuito dalla RR Records consisteva nel fornire coi dischi lamette, aghi, chiodi con cui alterare i dischi. “Metastasis” era il nome del progetto.
1989 – The Caroliners distribuiscono dischi con spazzatura di strada. Lessard produce una versione di “Colorado”, un disco tradizionale, con la traccia dei Architects Office distrutta dalla scritta “Fuck Architects Office”. RR Records produce dischi composti di cut-up di dischi precedentemente esistenti: “Montage”, di AMK.
1990 – La band The Linear Regressionists realizza il primo anti-compact disc. 50 copie di un CD silenzioso. I musicisti danesi Hater e Larsen realizzano “Oxygen is flammable”, un pezzo di plastica impacchettato in una piccola scatola. Le istruzioni suggerivano di versare acqua sul disco. Per loro il disco non è la musica, la suonabilità era ancora importante, anche se non attraverso un tradizionale giradischi. Dall’inizio degli anni ‘90 iniziano ad affermarsi le tecniche di montaggio di campioni e di produzione-riproduzione digitale del suono; il cd apre la strada al superamento del disco come deposito di prassi espressiva musicale, sia oggettivo che concettuale. Si afferma la via del campionamento.
1991 – L’artista sonoro americano Cole Harris produce pezzi rotti di dischi impacchettati in piccole buste. Ancora la considerazione del disco come notazione e suono al tempo tesso.
1992 – “Broken Light” del compositore Nicolas Collins (New York, 1954) è un concerto per quartetto d’archi, CD manipolati e un giradischi (edizioni Lovely Music).
1991/1992/1993 – DJ Qbert e Mix Master Mike vincono il 1° premio ai campionati mondiali DMC per tre anni consecutivi, rivelando al mondo quello che un “turntable musician” (musicista del giradischi) può fare: nuove tecniche di scratching (crabs, flares, chirps, scribbles, stabs, etc…), velocità ed espressività e originalità li hanno resi famosi in tutto il mondo. Tuttoggi sono due dei deejays più influenti nonchè gli ispiratori (insieme al pioniere DJ Steve Dee) del “beat juggling” (giocolieria con i beat) a livello mondiale.
1996 – viene fondata la ITF (International Turntablist Federation), una federazione orientata verso la definizione delle modalità dell’hip hop, che in breve diventa l’istituzione più rispettata e autorevole della scena del deejaying.
In tutti gli anni ’90 i dj di cultura dance apportano alle arti della manipolazione del disco in vinile la prospettiva concertistica: semplicemente trattati come elementi sparsi nella storia della musica discografica, ricollegati per una serata o per una compilation tematica; oppure usati sperimentalmente nella loro molteplice stratificazione, con variazioni e improvvisazioni rese possibili dal campionamento in tempo reale (esplorate le produzioni e i liveset dei deejay delle etichette inglesi Ninja Tune o Warp: Amon Tobin, Funki Porcini, TLS, etc. ), fino all’esecuzione di sofisticate partiture minimali, resa possibile solo con l’uso di dischi in interazione metronomica (ad esempio Andrea Parker ai giradischi riesegue partiture di Philip Glass).
Con il turntablism quindi, il deejay diventa di fatto un polistrumentista, un organizzatore di sorgenti liberate. Soprattutto negli ambiti vicino al jazz, affiancando al deejaying la pratica del campionamento (in macro, il vinile, in micro parti del vinile stesso, o con l’uso del campionatore stesso) ha aderito perfettamente agli organici di natura variabile del jazz, e all’uso dell’improvvisazione. Dall’ambito hip hop Bronx DJ Logic nel corso degli anni ’90 è sceso verso downtown ed ha incontrato i cenacoli del nuovo jazz; l’hip hop ha così conciliato la sua natura improvvisativa con le pratiche del jazz, instaurando nuove relazioni e rapporti fruttuosi.
Su questa scia, più vicini agli artisti concettuali che non al deejay hip hop, si collocano anche DJ Olive , Beth Coleman aka dj Singe (tutti e due presenti nell’istallazione “Bed Of Sound” del PS1 di New York) e più di recente, Raz Mezinai.
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Testo riveduto e corretto da THX (4 ottobre 2010)
— fine del phile (revisione 1.1) —